IL DRAMMA SOCIALE DEGLI UOMINI SENZA SCAMPO
Viaggiare è proprio utile fa lavorare l'immaginazione
Tutto il resto è delusione e fatica
il viaggio che ci è dato è interamente immaginario
Ecco la sua forza
Va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose è tutto inventato.
E' un romanzo, nient'altro che una storia fittizia.
Lo dice Littrè, lui non si sbaglia mai.
E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto.
Basta chiudere gli occhi.
E' dall'altra parte della vita
Louis Ferdinand Celine
Viaggio al termine della notte
Non si può ben comprendere lo stile de la Grande Bellezza senza capire a chi si ispira, senza capire chi fosse stato Celine. Ebbene lo scrittore del Viaggio al termine della notte è stato un miserabile prima di diventare medico e risposarsi tre volte scoprendo l'amore oltre che per la medicina per lo scrivere. I suoi scritti, proprio come La grande bellezza, non hanno una solita strutturazione: inizio, svolgimento (nel film è rappresentato più lo stravolgimento) e la fine.
Presente, passato e futuro si alternano in maniera parossistica, anticipando e postponendo fatti, osservazioni, emozioni, consentendo al treno dei pensieri di scorrere avanti e indietro sui binari di una logica che non sembra tale.
Lo stile e la tecnica usati sia dal regista che da Celine celano meglio
l'emozione, l'irrazionale, il fantastico, il primordiale
che sono gli elementi fondanti della storia raccontata.
E' il rimpianto e l'esaltazione di un mondo non dominato dalla ragione
nè dal progresso, dove l'istinto vive sul costruito,
dove la bellezza fisica rimanda a uno stato di grazia premoderna,
quando la spontaneità e il naturale erano i cardini dell'esistenza.
Celine e Sorrentino usano l'ariete dello stile non per andare avanti, ma per andare indietro,
per abbrutire l'uomo, ricondurlo al fango, ai suoi istinti animali e edonistici.
Torniamo a Celine, scrive nel 1923 Viaggio al termine della notte. Ciò che piace a Celine è il coraggio di immergersi nelle fogne dell'umanità, di sguazzare tra i nuovi Miserabili, condannati alla sofferenza ma anche inclini al peccato. Un viaggio all'interno dell'intestino crasso della società. Non di certo per capirne un degrado sociale e morale ma uno stratagemma, un metodo per esorcizzare in maniera colta un impiccio.
Esorcizzare la paura della morte, della disabilità e via dicendo ma nulla di più. Celine tratta storie di una tale promiscuità e degrado, morale e fisico da fa impallidire Hugo. Celine ama i disgraziati, gli emarginati, i disabili, i malati e i proletari disadorni, i derelitti. Allo stesso modo Sorrentino fa suo tutto questo.
La storia raccontataci non è quella del protagonista ma quella dei nuovi miserabili moderni, inquadrati e impersonati con ricercatezza, cura e meticolosità. La storia raccontata è una riflessione sulla fragilità dell'individuo e sulla precarietà delle cose. Potremmo descrivere la nuova fame raccontata da Sorrentino come una indigenza spirituale (Celine parla degli affamati a ridosso della seconda guerra mondiale).
LA SIMBOLOGIA NEL FILM
Di seguito alcuni frame che mostrano la palese simbologia presente nel film con una brevissima descrizione.
occhio che tutto vede |
il protagonista guarda la bellezza di uno storno di uccelli: subliminale per cercare di farci apprezzare la bellezza delle SCIE CHIMICHE |
come sopra cosi sotto |
nel dipinto sono presenti due donne con le zampe da satiro, capra. |
dipinto sulla porta, sotto l'albero a destra c'è un occhio che tutto vede |
la strada è metaforicamente come una piramide massonica senza punta |
Commenti
Posta un commento